lunedì 27 dicembre 2010

i conti in tasca!

Sono grandi le differenze tra i budget di cui potranno disporre i partiti per la campagna in vista delle elezioni federali del 2011: basti pensare che l'UDC, il partito più ricco, potrà contare su una somma dieci volte superiore a quella del PS.

Secondo i conti stilati dai principali esperti in tema, i democentristi avranno infatti nelle casse almeno 15 milioni di franchi, tanto quanto nel 2007; tuttavia, non sono pochi a pensare che la cifra, su cui il partito mantiene un riserbo totale, potrebbe essere dal 30 al 50% superiore.

All'altra estremità tra le formazioni storiche, troviamo quella che ha i minori fondi, ovvero il PS, con i suoi 1,5 milioni. In mezzo, PLR e PPD: i liberal-radicali, come pubblicamente annunciato, disporranno di più o meno 2,6 milioni (circa sette volte in meno dell'UDC), mentre i popolar-democratici, lo ha rivelato ieri il presidente Christophe Darbellay, potranno spendere fino a 3 milioni (cinque volte in meno dei democentristi). Solo alcune centinaia di migliaia di franchi, infine, per Partito borghese democratico, pur sempre rappresentato in Governo con Eveline Widmer-Schlumpf, e Verdi.

"Finanziamenti in stile repubblica delle banane"

Intanto, con l'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale, si riaffacciano le polemiche sul sistema di finanziamento dei partiti: molti ne denunciano l'assoluta mancanza di trasparenza, visto che le formazioni politiche, che ricevono i loro fondi attraverso contributi e doni, non devono dichiararne l'origine. "È una situazione da repubblica delle banane", ha dichiarato all'ATS l'esperto Louis Perron, ricordando che un tale meccanismo si ritrova solo in America latina e Asia.

Oltre a una "penalizzazione della sinistra", dato che "gli ambienti dell'economia finanziano principalmente centro e destra", la principale conseguenza di questo stato di cose è il rischio che l'azione dei partiti elvetici non sia indirizzata al bene comune, ma sia di fatto manovrata dai potenti gruppi d'interesse che li finanziano, come hanno già denunciato Transparency International e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).

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